Una riflessione sul concetto di agonismo nello sport.
Chi mi conosce sa che ho 40 anni di esperienza nel mondo dell’insegnamento dello sport, avendo inventato e gestito una delle prime palestre dedicate completamente all’arrampicata sportiva ed essendo stato uno dei fondatori dell’attività agonistica nazionale giovanile; ancora oggi, affronto spesso confronti con dirigenti e allenatori e genitori sul tema agonismo giovanile si o no.
Sostengo che l’agonismo nello sport, sia di squadra che individuale, rappresenta un elemento fondamentale per la crescita personale e collettiva.
Esso non è solo una spinta alla competizione, ma diventa un'opportunità per conoscere se stessi, affinare le proprie attitudini e misurarsi con i propri limiti.
La sfida, il confronto e la ricerca del miglioramento continuo sono aspetti che trascendono l’ambito sportivo e si riflettono in ogni dimensione della vita.
Nel contesto sportivo, l'agonismo insegna la disciplina che occorre adottare in ogni libera scelta e la capacità di gestire i propri desideri in funzione della scelta di obiettivi in quell’ambito; la gestione emozionale che occorre per analizzare i risultati dell’impegno profuso nelle vittorie e nelle “sconfitte”.
In una disciplina individuale, l'atleta affronta un percorso di autodisciplina, impara a confrontarsi con le proprie paure e a sviluppare una mentalità resiliente e nel contesto agonistico ha la possibilità, attraverso il confronto, di capire e realizzare ove si trova nel proprio percorso di crescita.
Nello sport di squadra, nell’agonismo c’è l'importanza della collaborazione, della strategia e del rispetto dei ruoli,
Sia negli sport individuali che in quelli di squadra sono presenti elementi essenziali presenti anche nella società.
Anche al di fuori dello sport, il confronto è un passaggio obbligato per la crescita personale.
Ogni gioco, ogni competizione, ogni situazione di sfida permette di scoprire le proprie reali possibilità e capacità.
Senza l’agonismo, non ci sarebbe la spinta al miglioramento, né la consapevolezza di ciò che si può o non si può fare in quell’ambito e se quell’ambito è adatto a noi e soprattutto se è un ambito desiderabile e nel quale desideriamo ed accettiamo di permanere.
Accettare la sfida significa accettare se stessi, individuare i propri punti di forza e le aree su cui lavorare.
Una delle lezioni più importanti che l'agonismo insegna è l'elaborazione della “sconfitta”.
Perdere fa parte del gioco, ma è proprio dall'errore e dalla delusione che nasce la vera crescita.
Imparare a rialzarsi dopo una caduta, a rivedere le proprie strategie, a non abbattersi di fronte alle difficoltà è ciò che distingue un atteggiamento utile per costruire una esistenza volta al miglioramento di se stessi e della società.
In definitiva, l’agonismo non è solo un aspetto dello sport, ma un vero e proprio atteggiamento mentale, una filosofia di vita che aiuta a costruire individui più consapevoli, determinati e capaci di affrontare le sfide con coraggio e maturità.
Se lasciamo un gruppo di ragazzi a giocare in autonomia in un parco o in un cortile, qualunque sia il gioco che decidano di attuare, la prima cosa che faranno sarà stabilire le regole con le quali giocare, dopodiché giocheranno confrontandosi e cercando di vincere sia come individui che come squadra (gruppo); ci potranno essere discussioni sul rispetto delle regole e sul loro miglioramento.
Anche in un gioco da tavolo o al computer esiste l’agonismo e il confronto e anche chi dice di voler praticare uno sport senza fare agonismo, tacitamente è in competizione con se stesso e gli altri.
Il prima possibile occorre accettare questa realtà e il compito dell’allenatore/formatore è aiutare a comprenderne i valori; essere un tramite per aiutare a riconoscere le vittorie e la crescita di ciascun individuo che non sono sicuramente l’esclusivo raggiungimento di un podio attraverso l’esasperazione della prestazione.
Lo sport è un gioco e come tale, lo si sceglie per divertirsi, ma non ci si diverte se non ci sono regole e amici con i quali confrontarsi e giocare.
Spesso si da troppa importanza allo sport come affermazione di un individuo; chi vince viene idolatrato, sfruttato e usato; spesso i primi a farlo sono i genitori e poi tutti gli altri (società, federazioni, stato, aziende); lo squilibrio sta in questo atteggiamento e non nell’agonismo.