I DIRITTI NEGATI
Gianfranco Zavalloni pedagogista.
Sono questi, a mio parere, bisogni, e necessità di tutti, in particolare dei bambini e delle bambine.
L’attuale organizzazione della società e l’immagine di scuola che si sta delineando in questi anni, stanno seriamente minando questi diritti.
Il mio è un appello finale rivolto a tutti i genitori e agli insegnanti che hanno veramente a cuore questa terra e chi la abita.
Per capire meglio questi diritti, ritengo che sia importante fare memoria, cioè ripensare noi bambini.
E per fare questo è bene porsi alcune domande:
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Cosa amavamo fare?
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Dove giocavamo?
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Con chi ci piaceva stare?
A partire da questi tre interrogativi, ritengo utile analizzare la situazione o meglio il rapporto bimbi, bimbe e ambiente.
IL DIRITTO ALL’OZIO,
O MEGLIO ALL’ESPERIENZA NON PROGRAMMATA
Siamo nell’epoca in cui tutto è programmato, curriculato, informatizzato.
I bambini hanno praticamente la settimana programmata e i loro iter scolastici sono praticamente pre-definiti. Non c’è spazio per l’imprevisto, l’auto-organizzazione infantile.
Anche gli spazi gioco sono pre-organizzati.
Non c’è, da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di qualcosa di auto-gestito.
E’ importante, poi, ribadire l’importanza del “camminare insieme” e non tanto della meta.
E’ fondamentale capire che è educazione anche fare strada insieme, attenti a ciò che ci viene incontro, consapevoli che spesso “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
IL DIRITTO DI SPORCARSI
Siamo nell’epoca del look, delle cartelle firmate, dei bambini col telefonino, del “non ti sporcare”.
Credo che i bimbi e le bimbe abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali quali la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, i sassi, i rametti.
Quanta gioia nel pastrocchiare con una pozzanghera o in un cumulo di sabbia.
Però queste, a detta degli esperti, rischiano di essere operazioni poco igieniche, mentre nulla si dice sulla poca igienicità di una moquette, delle paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano e manipolano i bambini e le bambine.
Proviamo ad osservare attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi organizzati oppure quando siamo in un boschetto… e scopriremo con quanto interesse riescono a giocare per ore con poche cose trovate per terra.
IL DIRITTO AGLI ODORI
Oggi rischiamo di mettere tutto sotto vuoto.
Nel percorrere la città è difficile poter distinguere luoghi tipici, percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa.
Pensiamo alla bottega del fornaio, all’officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio, al falegname, alla farmacia.
Questi luoghi emanavano odori speciali, di cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre.
Oggi entrare in una scuola (chi non ricorda l’odore del primo giorno di scuola), in un ospedale, in un supermercato o in una chiesa vuol dire respirare ed annusare lo stesso odore di detergente.
Non ci sono più differenze.
Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive.
Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe selvatiche?
Sono sensazioni che dal naso passano direttamente al cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra esistenza.
IL DIRITTO AL DIALOGO
Dobbiamo sempre di più constatare la triste realtà di un sistema di comunicazione e di informazione “unidirezionale”.
L’emittente (TV, giornali… ) trasmette e il ricevente (ascoltatori e telespettatori..) subiscono passivamente. Siamo al monologo.
Un tempo si poteva entrare tranquillamente nelle case e si poteva chiacchierare al caldo del camino o della stufa.
Oggi al centro non c’è più il fuoco, ma la televisione, possibilmente sempre in funzione.
Si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici “a televisione accesa”.
Un calcolo approssimato e per difetto ci dice che se un bambino o una bambina seguono 2 ore di TV al giorno per 360 giorni all’anno abbiamo un totale di 270 ore.
Divise per 24 ci danno 30 giorni, cioè un mese ininterrotto (24 ore al dì) di televisione all’anno… non certo di dialogo.
Con la televisione non si prende certo la parola.
Cosa diversa è il raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini.
In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire, dialogare.
IL DIRITTO ALL’USO DELLE MANI
La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato.
L’industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti “usa e getta” che non possono essere riparati.
Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano dell’apporto del bambino o della bambina.
L’abitudine al video-gioco è spesso incentivata dalla stessa scuola che, nel proporre l’introduzione del computer, ne suggerisce l’ammagliante utilizzo ludico.
E nel contempo mancano le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità fine. Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano piantare chiodi, segare, raspare, scartavetrare, incollare; anche perché è difficile incontrare adulti che vanno in ferramenta a comprare i regali ai propri figli.
Quello dell’uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società post-industriale.
IL DIRITTO AD UN “BUON INIZIO”
Qui mi riferisco alla problematica dell’inquinamento.
L’acqua non è più pura come cantava San Francesco, l’aria è intrisa di pulviscoli di ogni genere (e da qui l’esplosione delle allergie), la terra è fecondata dalla chimica di sintesi.
Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo e del progresso.
Eppure in quel “tornare indietro” che abbiamo avuto nel ’73 con la famosa “austerity” abbiamo ritrovato il gusto della città, lo stare insieme in maniera conviviale… ed è questo che spesso i bimbi e le bimbe ci chiedono. Da qui l’importanza dell’attenzione a quello che “fin da piccoli si mangia”, “si beve” e si respira.
IL DIRITTO ALLA STRADA
La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto.
La strada e la piazza dovrebbero permettere l’incontro.
Oggi le piazze sono sempre più dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo automobilizzato.
Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamento.
E’ praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza.
Gli anziani sono continuamente in pericolo in questi luoghi.
Dobbiamo ribadire che, come ogni luogo della comunità, la strada e la piazza sono di tutti… così come accade in qualche paesino di montagna o in molte città del Sud del mondo.
IL DIRITTO AL SELVAGGIO
Anche nel cosiddetto tempo libero tutto è preorganizzato.
Siamo nell’epoca dei “divertimentifici”. Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney, Gardaland, Mirabilandia…parchi gioco programmati nei dettagli e così è nel piccolo, nei parchi pubblici e nel verde delle città, compreso l’arredo urbano.
Certo, nulla da eccepire riguardo l’aspetto estetico, ma… dov’è la possibilità di costruire un luogo di rifugio-gioco, dove sono i canneti e i boschetti in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi?
Il mondo è fatto di luoghi modificati dall’uomo, ma è importante che questi si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati al naturale.
Anche per l’infanzia.
IL DIRITTO AL SILENZIO
I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma l’apparato auricolare è sempre aperto.
Così l’orecchio umano è sottoposto continuamente alle sollecitazioni esterne.
Mi sembra ci sia l’abitudine al rumore, alla situazione rumorosa al punto da temere il silenzio.
Sempre più spesso è facile partecipare a feste di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da musiche assordanti. E così è a scuola.
L’emblema di tutto ciò è dato da coloro che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si portano nella natura per una bella passeggiata con le cuffie del registratore portatile ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua. Il diritto al silenzio, l’educazione all’ascolto silenzioso.
IL DIRITTO ALLE SFUMATURE
La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c’è.
Nelle nostre case l’elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come se fosse giorno.
E così spesso non si percepisce il passaggio dall’una all’altra situazione.
Quel che più è grave è che pochi riescono a vedere il sorgere del sole ed il suo tramonto.
Non si percepiscono più le sfumature.
Il pericolo che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o bianco si rischi l’integralismo. In una società in cui le diversità aumentano anziché diminuire, quest’atteggiamento può essere realmente pericoloso.
SINDROME DELLA “VITTORIA-SCONFITTA”
Spesso i componenti del gruppo tentano di individuare nelle dichiarazioni altrui i contenuti a loro avviso sbagliati.
Tutto lo sforzo è concentrato su ciò che non va nelle dichiarazioni degli altri, quasi che la discussione fosse un incontro da vincere come gladiatori, solo contro tutti.
IL MASSACRO DELLE IDEE
Si cerca continuamente di correggere o demolire le idee altrui che sembrano inutilizzabili, senza domandarsi se contengano qualche spunto positivo.
In ogni comunicazione esiste un lato positivo e uno negativo.
Se l’interesse è teso ad esaltare l’aspetto negativo, difficilmente ciò che si dicono gli altri servirà mai a qualcosa.