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Categoria: Sport
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L’idolatria moderna: quando l’opinione pubblica trasforma uomini comuni in divinità

Nel corso della storia, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di figure di riferimento, di eroi, di miti.

Se in passato queste figure erano guerrieri, filosofi o condottieri, oggi il mondo moderno ha sostituito gli idoli di un tempo con cantanti, musicisti, attori e sportivi.

Non si tratta più solo di apprezzare il talento di una persona, ma di una vera e propria venerazione che spesso sfocia in un fanatismo incontrollato.

La società contemporanea ha trasformato artisti e atleti in divinità moderne, ponendoli su un piedistallo inaccessibile.

Il culto della celebrità è ormai un fenomeno globale, alimentato dai media e dai social network, che amplificano la percezione di questi individui come esseri superiori.

Non è raro vedere fan accamparsi giorni interi davanti a stadi o arene per un concerto, urlare in preda a crisi di pianto alla vista del proprio idolo o spendere cifre esorbitanti per un biglietto o un gadget.

Questa devozione cieca porta spesso a gesti estremi: lettere colme d’amore e ossessione, tatuaggi con i volti delle star, persino atti di autolesionismo o sacrifici personali per un attimo di attenzione da parte del proprio idolo.

Alcuni fan si spingono a difendere le loro star in modo irrazionale, giustificando qualsiasi loro comportamento, anche quando eticamente discutibile.

In questo scenario, una riflessione diventa inevitabile: queste celebrità, in fondo, non fanno altro che coltivare le proprie passioni e applicare le proprie capacità, come qualsiasi altro essere umano dovrebbe fare nella propria vita.

Eppure, grazie al fenomeno dell’idolatria, diventano miliardari, accumulano ricchezze inimmaginabili e godono di privilegi che la maggior parte delle persone comuni non potrà mai nemmeno sognare.

Il paradosso è evidente: mentre un medico salva vite ogni giorno, un insegnante forma le nuove generazioni e un operaio lavora duramente per costruire infrastrutture, la società premia chi riesce a intrattenere il pubblico con cifre astronomiche.

Certamente, il talento e l’impegno sono elementi fondamentali per il successo, ma è la risposta sproporzionata dell’opinione pubblica a generare questa enorme disparità economica e sociale.

Oltre all’idolatria popolare, vi è anche un altro aspetto da considerare: la strumentalizzazione da parte delle istituzioni.

Quando uno sportivo, che semplicemente si diverte a praticare ciò che ama, vince un titolo importante, viene immediatamente ricevuto dalle maggiori cariche politiche come un essere superiore.

Questi incontri, spesso corredati da foto e cerimonie ufficiali, servono a rafforzare il prestigio di chi governa, sfruttando la popolarità dell’atleta per generare consenso.

In questo modo, lo sportivo diventa inconsapevolmente un simbolo nazionale, un’icona che il potere politico utilizza per trasmettere un senso di unità e orgoglio collettivo.

Il messaggio che ne deriva è chiaro: la vittoria di un singolo individuo diventa una vittoria di tutta la nazione, e il suo successo viene messo al servizio della narrazione politica.

Il punto non è sminuire l’arte, lo sport o l’intrattenimento, che da sempre hanno un ruolo fondamentale nella società.

Tuttavia, bisognerebbe interrogarsi sulla deriva di questa idolatria che porta a una svalutazione di professioni essenziali e a una sovrastima di persone che, seppur talentuose, restano esseri umani come tutti gli altri.

Forse, la chiave sta nel riportare l’ammirazione entro i confini della razionalità, evitando che il fanatismo prenda il sopravvento e che il valore di un individuo venga determinato unicamente dalla sua visibilità.

Solo così potremo ristabilire un equilibrio e riconoscere il merito di chiunque contribuisca, in modo concreto e silenzioso, al progresso della società.

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