Il paradosso del lusso: tra desiderio e giustizia
Viviamo in un'epoca in cui il benessere sembra coincidere sempre più con l'accesso al superfluo.
Il lusso, l’essere serviti, il possedere oggetti rari o costosi, l’ostentazione, sono diventati per molti sinonimi di successo. Il messaggio è chiaro: “Se puoi permetterti più degli altri, allora vali di più.” Ma è davvero questa la misura del valore umano?
L’aspirazione al lusso non è solo una questione estetica o materiale: è la ricerca di un posto “al di sopra”, una posizione sociale che distingua. E così, mentre si parla di inclusione, equità e pace, le fondamenta del vivere comune vengono minate dal desiderio di emergere sugli altri.
Come può esserci eguaglianza se l’obiettivo diffuso è vivere meglio di qualcun altro?
C'è un'evidente contraddizione in questa corsa alla distinzione.
La vera giustizia sociale non può consistere nel permettere a chiunque di diventare ricco, ma nel garantire a ognuno una vita degna: con ciò che serve e nulla di più.
Questo non è un invito all’austerità punitiva, ma un’esortazione a riconoscere la bellezza della semplicità, il valore dell’essenziale, la dignità dell’onestà.
Essere felici non significa avere sempre di più, ma avere abbastanza.
L’ossessione per il lusso comporta necessariamente lo sfruttamento: delle risorse, del tempo altrui, delle persone meno fortunate.
Dietro a ogni privilegio non guadagnato con il merito, c’è spesso qualcun altro che lavora in silenzio, invisibile, perché quel lusso possa esistere.
Eppure, il bello autentico – quello che non invecchia – è spesso nascosto nelle cose semplici: in un gesto sincero, in una casa modesta ma piena di affetto, in un lavoro svolto con cura. È nella capacità di accontentarsi senza rinunciare alla qualità umana della vita. È qui che dovrebbe spostarsi il nostro ideale.
La vera rivoluzione culturale non è rendere tutti milionari, ma rendere normale l’idea che basti il giusto. E questo giusto non è poco: è cibo sano, casa, salute, istruzione, tempo libero, affetti, bellezza accessibile. È sentirsi parte di una comunità senza dover combattere per emergere a ogni costo.
Se vogliamo davvero parlare di eguaglianza, inclusione e pace tra i popoli, dobbiamo avere il coraggio di rivedere i nostri desideri.
Forse, solo allora, potremo cominciare a costruire un mondo che non abbia bisogno di servi, né di padroni.